sabato 12 giugno 2010

D. Hofstadter e l'insondabilità dell'IO

Noi esseri umani siamo strutture macroscopiche in un universo le cui leggi risiedono a un livello microscopico. In quanto esseri che cercano di sopravvivere, siamo indotti a cercare spiegazioni efficaci che si riferiscono soltanto a entità del nostro stesso livello. Perciò tracciamo confini concettuali attorno alle entità che percepiamo con maggiore facilità, e nel far questo ci ritagliamo su misura quella che ci sembra essere la realtà.
L'IO che ciascuno di noi crea per sé stesso è un esempio per eccellenza di una tale realtà percepita, o inventata, e riesce così bene a spiegare il nostro comportamento che diventa il fulcro attorno a cui il resto del mondo sembra ruotare. Ma questa nozione di "IO" è soltanto una formula abbreviata per indicare una gran quantità di fermento e agitazione di cui siamo necessariamente inconsapevoli.

Ma la nostra stessa insondabilità è per noi una fortuna!

Sospesi a metà tra l'inconcepibile immensità cosmica dello spazio tempo relativistico, e il guizzare elusivo e indistino di cariche quantistiche, noi essere umani, più simili ad arcobaleni e miraggi che ad architravi o macigni, siamo imprevedibili poemi che scrivono sé stessi, vaghi, metaforici, ambigui, e a volte straordinariamente belli.

(D. Hofstadter)

E' incredibile come le conclusioni di un cibernetico del nostro tempo, siano le stesse, di uomini di 2000 anni fa, che in meditazione, hanno raggiunto le stesse conclusioni, senza computer, cultura, libri...

Bertrand Russell affermò: "La materia è solo una formula comoda per descrivere ciò che avviene là dove in realtà non c'è".
Aggiungerei: "L'IO è solo una parola, una sensazione immaginaria, una percezione illusoria, per descrivere ciò che in realtà non esiste.".

Libertà... forse è afferrare fino in fondo l'inconsistenza dell'IO.

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